Il Direttivo Provinciale ANPI Cosenza “Paolo Cappello” si è espresso in questi giorni in merito ad alcune divergenze sorte con la sezione locale di Amantea e con alcuni iscritti.
La causa di acredine risiederebbe nella concomitanza di adesione all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e al Partito Democratico, con esplicito riferimento all’opportunità di ricoprire incarichi al loro interno.
Secondo quanto disposto dal Regolamento Nazionale dell’associazione infatti l’art. 3 sui diritti e doveri degli iscritti precisa che Gli incarichi di Presidente, Vice Presidente, componente di Segreteria, Responsabile amministrativo e/o tesoriere, Coordinatore regionale, Coordinatore zonale, Presidente e componente del Collegio dei Revisori dei Conti sono incompatibili con gli incarichi esecutivi di livello comunale, provinciale, regionale e nazionale ricoperti in partiti, movimenti politici, sindacati.
La posizione del coordinamento cosentino appare piuttosto netta, con il richiamo alla normativa nazionale.
Questa norma viene scrupolosamente osservata in tutta Italia. Non si comprende la ragione per la quale Amantea avrebbe dovuto fare eccezione. Vanno perciò rispedite al mittente le false accuse provenienti da quanti (firmatisi impersonalmente come “ex iscritti ANPI di Amantea”) addebitano all’ANPI “autoritarismo e discriminazione ai danni del PD”. La stragrande maggioranza degli iscritti dell’ANPI di Amantea (iscritti o meno al PD) infatti partecipa regolarmente alle attività associative.
C’è da registrare, al contrario, che proprio gli estensori delle critiche all’ANPI:
– si sono distinti per un grave atteggiamento discriminatorio, rifiutando nei mesi scorsi di tesserare decine di simpatizzanti ANPI solo perché non appartenevano alla loro cerchia;
– si sono sempre sottratti al dibattito democratico, rifiutando persino di partecipare all’assemblea cui erano stati convocati, salvo poi scaricare a mezzo stampa la frustrazione per non essere riusciti a imporre le proprie ragioni;
– hanno messo a serio rischio l’indipendenza dell’ANPI, riservando per se stessi le posizioni di presidente, tesoriere, revisore dei conti mentre contemporaneamente ricoprivano cariche esecutive in una sezione di partito, in aperta violazione dell’art. 3 del Regolamento Nazionale ANPI;
– hanno mostrato il loro volto violento aggredendo e diffamando a mezzo stampa l’allora vicepresidente vicaria quando invece ogni scelta era stata decisa collegialmente dall’intero Comitato Provinciale (composto da 18 membri) in perfetto accordo con gli organismi nazionali.
– hanno indotto il figlio del partigiano Bisardi, cui è intitolata la sezione di Amantea, a diffidare l’ANPI dall’uso del nome. La diffida è stata alla fine revocata dopo un facile chiarimento.
Mai l’ANPI Provinciale ha discriminato (né tantomeno “perseguitato”, “cacciato”, “defenestrato”) gli iscritti al PD, né ad Amantea né altrove, anzi: gli iscritti al PD sono sempre stati parte integrante dell’ANPI, al pari di tutti gli autentici antifascisti. Chi oggi si firma “ex iscritto” definisce uno status del tutto volontario, mai voluto né favorito da parte dell’ANPI.
L’ANPI Provinciale ha semplicemente vigilato sull’agibilità democratica della stessa sezione ANPI di Amantea, cui d’altronde hanno proceduto in piena autonomia gli stessi iscritti amanteani.
Gli stessi riunitisi nel mese di luglio:
– hanno dichiarato la decadenza dalle sole cariche esecutive nell’ANPI di Amantea dei (soli) tre soggetti che ricoprivano contemporaneamente cariche esecutive nel locale circolo del PD;
– hanno allargato il numero del comitato direttivo in modo da consentire l’accesso anche a quanti erano stati illegittimamente esclusi non solo dagli organismi ma perfino dalla stessa associazione proprio per volontà di chi oggi lamenta ipocritamente di essere discriminato.
Oltre a ciò davvero non comprendiamo con quali “organi nazionali” dell’ANPI costoro stiano “dialogando”, atteso che quanto avvenuto ad Amantea è stato sinora seguito ed approvato in ogni singolo passaggio dai vertici romani dell’associazione. Appare altresì abbastanza evidente come le accuse sin qui lanciate contro l’ANPI provengono da soggetti che si affannano nel tentativo di rilanciare la propria immagine politica. Se pure comprendiamo la loro necessità di tornare ad avere un peso elettorale all’interno della propria città, non consentiremo che questo tentativo strumentalizzi l’ANPI.
Non è col vittimismo che si occupano gli spazi politici. L’antifascismo non è un’etichetta per raccattare voti, non è uno slogan: è una pratica che ha bisogno di donne e uomini dotati di lucidità, fermezza e coraggio. L’inclinazione a dividere, a costruire muri anziché ponti, approda inevitabilmente all’isolamento ed all’irrilevanza. Anche l’annuncio di un costituendo “Comitato a difesa dei valori della Liberazione, dell’Antifascismo e della Costituzione” sembra purtroppo muoversi in questo solco, quello tracciato da chi ancora incredibilmente fatica a comprendere che spezzare il fronte antifascista fa solo il gioco dell’estrema destra. Il che è tanto più grave quando avviene, come in questo caso, per sterili motivazioni di visibilità personale.
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