Le ricerche dell’ultimo volume di Maurizio Cannatà, direttore del Museo Archeologico Nazionale “Vito Capialbi” di Vibo Valentia, riaccendono un faro sulla città di Temesa.
Pubblicato da Rubbettino con il titolo “Temesa. Il mito e la storia”, il libro ripropone infatti la storia dell’antica città posta lungo la fascia costiera tirrenica della Calabria.
Un lavoro frutto di attenti studi, che in vent’anni di approfondimenti ha permesso di riconoscere Temesa in un complesso sistema insediativo ubicato tra i corsi terminali dei fiumi Oliva e Savuto.
Raccolta di dati e analisi di fonti
Ripercorrendo in sintesi la storia si legge che con il polionimo Temesa (latino Tempsa) gli antichi hanno identificato un centro ubicato tra Clampetia e Hipponion, dapprima emporion internazionale di scambio di metalli (VIII sec. a.C.), poi centro indigeno posto sotto il controllo delle poleis greche, Sibari prima e Crotone poi (VI-V sec. a.C.), ancora oppidum italico (IV-III sec. a.C.) e colonia civium Romanorum (II-I sec. a.C.), statio lungo la principale viabilità imperiale (I-IV sec. d.C.) e infine una delle più antiche sedi vescovili di tutta l’Italia meridionale (VI-VII sec. d.C.).
Se ne deduce una pluralità di evidenze, non solo di fonti letterarie ma di anche numerose testimonianze materiali che coprono l’intera storia del centro antico.
Attraverso la rilettura dei vecchi dati, della cartografia, delle foto aeree, di nuovi scavi e ricognizioni, questo lavoro colma per la prima volta il gap esistente tra l’eccezionale corpus di fonti letterarie relative alla città e i dati archeologici a essa riferibili, fornendo una lettura organica di tutte le fasi di occupazione del suo territorio, dalla protostoria alla tarda antichità.
La prefazione al libro è stata curata da Fabrizio Mollo, docente di Archeologia Classica presso l’Università degli Studi di Messina.